Francesca del SS.mo Sacramento
rancesca del SS.mo Sacramento era
una carmelitana scalza di Pamplona
(Spagna) che ebbe numerose esperienze
con le Anime del Purgatorio. Ogni giorno
recitava il Rosario, si disciplinava e
digiunava a pane e acqua e tutto offriva
in suffragio dei defunti. Raccomandava
di fare la carità e di far celebrare Messe
per la liberazione delle Anime ancora
da purificarsi.
Numerosi erano i defunti che le si
manifestavano per chiedere aiuto, come
racconta un suo biografo: «Venivano
talvolta all’uscio della cella di lei, ed ivi
aspettavano che al mattino ne uscisse, per
raccomandarsi alle sue orazioni. Tal altra
entravano, e se la trovavano addormentata
(sapendo la necessità ch’avea di riposo),
non la svegliavano. Ma poi, quand’ella,
destatasi, le vedeva intorno al suo letti-
ciuolo, si lamentava, perché non l’avessero
chiamata. Al che esse rispondevano:
“Perché sappiamo quanto vi sia biso-
gnevole il riposo, non l’abbiamo voluto
interrompere. E noi aspettiamo qui di
buon grado, perché le nostre pene alla
vostra presenza sentono alleviamento”.
Se poi entrando la trovavano desta,
per toglierle il sospetto, che quelle non
fossero illusioni di demoni, le dicevano:
“Dio ti salvi, serva di Dio e sposa di
Cristo. Gesù sia sempre teco. Indi
adoravano una bella croce adorna e
sacrata di reliquie, che si teneva in gran
venerazione. E se per sorta ella stava
recitando il Rosario, glielo prendevano
di mano, e riverentemente lo baciavano
come caro strumento del loro sollievo e
della lor liberazione. Quando era inferma
di corpo, o tribolata di animo, con
amorevoli visite l’alleggerivano e la
consolavano. Quando per divina disposi-
zione sapevano, che i demoni, invidiosi
e arrabbiati, perché co’ suoi suffragi rapiva
loro dalle mani le Anime, le macchinavano
insidie e si accingevano a farne qualche
mal governo; tosto anticipatamente
l’avvertivano, acciocché si mettesse in
guardia, si premunisse colle orazioni e si
armasse di magnanima pazienza.
Sopra tutto ammirabile era il modo,
con cui le si davano a vedere, per muover-
la a pietà e compassione delle loro pene.
Le comparivano innanzi con quei mede-
simi tormenti, con cui avevano delinquito
e con cui erano tormentate. Ora se le si
presentavano Vescovi con mitre in capo,
pastorali in mano e paramenti indosso,
tutti circondati e composti di fiamme,
spesso le dicevano: “Questi tormenti
patiamo, per aver cercate con disordinata
sollecitudine la dignità, e non aver poi
corrisposto alle grandi obbligazioni, a
cui per quelle ci sottoponemmo. Ora le
apparivano sacerdoti con le loro insegne,
colla cherica, che mandava vampe, con le
stole a guisa di catene roventi, colle mani
piene d’orribili ulceri, confessando di
soffrire quelle pene, per aver maneggiato
con irriverenza il divinissimo Corpo di
Cristo, e per non avere amministrati
convenientemente i Santi Sacramenti.
Un religioso le si fece vedere attorniato
d’arnesi preziosi, scrigni, sedie, pitture
tutte trasformate in fuoco: perché in vita,
contro il voto della sua più rigorosa
povertà, teneva adorna la sua camera di
tali ricchi addobbi».
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