
Spesso la sofferenza si ferma in corpi giovanissimi, appena aperti alla vita e in alcuni casi essa diventa valore salvifico da irradiare agli altri, specie i più vicini, che assistono impotenti e angosciati al progredire del male. È il caso di Silvio Dissegna che come Aldo Blundo di Napoli, del beato Nunzio Sulpizio abruzzese e altri, trasforma la sua sofferenza in un offerta a Dio, con le parole e la semplicità di un ragazzo.
Egli nasce a Moncalieri (TO) il 1° luglio 1967, trascorre la sua fanciullezza in una innocenza tipica dell’età, tutto teso a rendersi utile ai suoi genitori ed agli amici con cui gioca.
Fra lui e Gesù, che ha imparato a pregare, sorge un intesa profonda, che si irrobustisce quando riceve la Prima Comunione insieme al fratello, il 7 settembre 1975.
Molto intelligente, a scuola si distingue per l’impegno che mette in tutte le cose, i suoi quaderni sono pieni delle descrizioni della natura, dei giochi, della vita familiare e dei propositi per l’avvenire: “Da grande farò il maestro per insegnare agli altri”. Nel 1977 a Natale, la mamma gli regala una macchina per scrivere e lui su un foglio batte con i tasti: “Ti ringrazio mamma, perché mi hai messo al mondo, perché mi hai dato la vita che è tanto bella! Io ho tanta voglia di vivere”.
Nella primavera del 1978 comincia a lamentarsi di un dolore continuo alla gamba sinistra; si scopre che è un cancro alle ossa; pur non avendo ancora 11 anni. capisce lo stesso quello che gli capitava, non si dispera e si affida alla volontà di Dio e alla materna protezione della Madonna.
Il 21 maggio 1978, già in carrozzella, riceve la cresima, le condizioni si aggravano e i dolori sono fortissimi, chiede di ricevere ogni giorno Gesù Eucaristico; dal giugno 1978 al gennaio 1979 inizia per lui una Via Crucis con sette ricoveri a Parigi in cerca di cure e guarigione; prese ad offrire ogni giorno le sue sofferenze per uno scopo: “Oggi le offro per il papa e la Chiesa”; “Oggi le offro per la conversione dei peccatori”.
Accoglie tutti con un sorriso, consola i genitori ed il fratello, dà coraggio ai medici che si sentono impotenti; si sente la presenza di Dio in quella creatura e questo l’avvertono quanti gli si avvicinano.
Nella primavera la malattia avanza senza pietà e Silvio perde anche la vista, non si lamenta mai, ma chiede insistentemente la Santa Comunione.
Riceve l’unzione degli infermi il 24 settembre 1979 e dopo un poco la sua bella anima vola verso Gesù tanto amato. L’8 febbraio 1995 è stata aperta dall’arcivescovo di Torino, la causa per la sua beatificazione.
Autore: Antonio Borrelli
Portato via dal cancro a 12 anni, è un «segno di santità» che cresce
«Pareva avesse atteso, nella sua lunga e straziante agonia, qualcuno che gli assicurasse che non aveva sofferto invano; qualcuno che lo rendesse certo che un significato, anche se recondito e misterioso, la sua croce doveva averlo; qualcuno che gli chiedesse un ultimo atto di fede nel valore redentivo della
sofferenza». Sono parole dal «diario» di don Antonio Bellezza Prinsi, il parroco di Silvio Dissegna, che seguì dall’inizio il lungo calvario della malattia di questo bambino eroico, morto a 12 anni per un cancro spietato. Don Pier Giuseppe Accornero, giornalista nato e cresciuto alla «Voce del popolo», e che ha sempre sentito profondamente il legame tra la Chiesa torinese e il suo giornale, ripercorre la vicenda umana (e «divina») di Silvio nel suo libro più recente, che ricostruisce minuziosamente questa storia semplice: quella di un vero miracolo, maturato nel giro di pochi anni nelle campagne di Poirino, e che oggi continua a dilatare, a «farsi sentire» un po’ in tutto il mondo.
L’avventura di Silvio è la malattia, il cancro che aggredisce un ragazzo di dieci anni e se lo porta via in poco tempo. Ma invece di scomparire senza lasciare traccia Silvio scopre, nell’universo di sofferenza che vive, la traccia di luce che riesce a comunicare, a mostrare a se stesso e agli altri. Contagioso, invece della malattia, diventa il modo in cui questo ragazzo di campagna la affronta. Oltre ai genitori ne vengono coinvolti gli abitanti della frazione dove abita, e poi i preti della zona, gli Arcivescovi di Torino e via via persone che, in tutto il mondo, scoprono questo cammino di santità poco consueto e però così significativo. Perché Silvio dentro la malattia accetta, capisce, cresce. La sua fede diventa davvero una lampada accesa sulla montagna.
Don Accornero racconta l’intera vicenda con la consueta e consumata maestria del suo duplice «mestiere», di prete e di giornalista. Il libro, come una cronaca, è molto preciso sulle date, i fatti i discorsi, gli atti ecclesiastici che stanno portando Silvio verso gli altari. Ed è capace di restituire anche in pochi tratti quelle caratteristiche essenziali che illuminano su un’esistenza intera. Un esempio? Accornero nota che Silvio abitava in una frazione, borgata Becchio di Poirino, «lontano dall’oratorio»: cioè tagliato fuori da quella rete di «pastorale delle occasioni» che le comunità cristiane creano e cercano di tenere vive proprio per avvicinare il maggior numero possibile di persone, ragazzi soprattutto. Ma anche a borgata Becchio il catechismo era arrivato, tramite i genitori stessi di Silvio che si coinvolsero in prima persona nella preparazione ai sacramenti. E con il catechismo, la vita cristiana sperimentata in famiglia e nella piccola frazione; la Prima Comunione, ricevuta sotto il pilone di San Pio X vicino a casa sua… È attraverso l’insieme
di questi piccoli segnali, sembra suggerire don Accornero, che la santità si fa strada in Silvio, già prima della malattia; è così che la presenza di Gesù diventa concreta a fianco dei genitori, dei conoscenti, dei preti accanto al suo letto di malato.
Il grosso del libro è occupato da questa «cronaca ragionata», partecipe e non romanzata, della malattia e della morte di Silvio che si incrociano con la sua età di bambino e con la costernazione di chi gli sta vicino. Una costernazione che diventa però «occasione di fede», momento di grazia per una comunità intera. Fin dal 1980, infatti, si costituisce il «Comitato amici di Silvio», che in questi anni ha collaborato alla raccolta di testimonianze, memorie, documenti utili sia al processo canonico sia alla conoscenza di Silvio Dissegna. Il card. Saldarini ammette il Comitato come «attore della causa», che egli stesso aprirà formalmente l’8 febbraio 1995 nella basilica di Maria Ausiliatrice. Sarà poi il card. Poletto a concludere la fase diocesana il 26 ottobre 2001, nella chiesa dei Favari. Nel 2002 la Congregazione per le Cause dei santi dichiara valido il processo diocesano e a novembre 2003 viene depositata la «positio» del procedimento apostolico per la beatificazione.
Ma il volume (ed è una sua caratteristica specifica) inserisce la vicenda di Silvio nel contesto più ampio di quella «storia di santità» che continua a caratterizzare gli ultimi due secoli della Chiesa torinese. Dai protagonisti ottocenteschi della stagione sociale a Frassati, a Bisognin, a suor Betrone… Ci si accorge così che anche Silvio Dissegna, con la sua esperienza così isolata, fa parte di un tessuto, di una «rete di santi» che nascono e crescono nel contesto della comunità cristiana di Torino: veri e propri «doni» di Dio per alimentare la fede. È solo così, allora, che acquista senso la sofferenza «immorale», l’assurdità del dolore fisico e della morte che colpisce un ragazzino di 12 anni, e l’altro dolore a cui non sembra esserci risposta,
che va ad aggredire la sua famiglia – i genitori, il fratellino.
Il card. Poletto, nell’introduzione al libro, centra questo aspetto determinante nella storia di Silvio, quando ricorda che «benché morto parla ancora» (Ebrei 11,4), cioè comunica quel messaggio fondamentale che è il nucleo stesso della fede cristiana, la capacità di «vedere Gesù», di riconoscere la gioia della vita anche nel mezzo delle sofferenze più dure e incomprensibili.
Questo delle «strade di santità» che prosegue con il libro dedicato a Silvio Dissegna, è un percorso su cui Accornero ha offerto in questi anni il meglio del proprio impegno di giornalista e scrittore, continuando quel prezioso lavoro di «memoria storica» e divulgazione a servizio della Chiesa torinese che nel passato recente fu svolto, fra gli altri, da mons. Jose Cottino, direttore della «Voce». Una storia di Chiesa che, giustamente, si condensa intorno alle figure dei suoi santi perché è attraverso di essi, soprattutto, che si comprende il significato del «tempo di grazia» che tutti siamo chiamati a vivere.
Marco BONATTI
• P.G. Accornero, Silvio eroe a dodici anni. Il cancro la fede il sorriso. Introduzione del card.
Severino Poletto, San Paolo, Milano 2006, 200 pagine, 12.50 euro