Il beato Francesco Marto nacque ad Alijustrel, nella parrocchia di Fatima, l'11 giugno 1908. Con la sorellina Giacinta e la cugina Lucia sarà il terzo protagonista delle apparizioni del 1917. Alla fine del 1918 Francesco e Giacinta furono colpiti dall'epidemia di broncopolmonite, la terribile "spagnola", che seminò tanti morti in tutta l'Europa. Sapeva che sarebbe morto e tale certezza gli veniva da quanto la «Bianca Signora» aveva detto a Fatima nell'apparizione del 13 giugno 1917: «Giacinta e Francesco li porterò presto in cielo». Durante la malattia Francesco si mostrò sempre allegro e contento. Nel febbraio 1919 le sue condizioni peggiorarono. Il 4 aprile, dopo aver pregato il Rosario con con Giacinta, a notte salutò Lucia, dandosi un
arrivederci in Cielo. Poi disse alla madre: «Guarda, mamma, che bella luce là, vicino alla porta!». Il suo volto si illuminò di un sorriso e spirò. Erano le 10 di sera. Ancora non aveva 11 anni. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 13 maggio 2000.
(Avvenire)
E' presente nel Martirologio Romano. Nella località di Aljustrel vicino a Fatima in Portogallo, beato Francesco Marto, che, rapidamente consumato ancora fanciullo da una malattia, rifulse per la soavità dei costumi, la perseveranza nelle avversità e nella fede e la costanza nella preghiera.
Il beato Francesco Marto nacque ad Alijustrel, nella parrocchia di Fatima, l'11 giugno 1908; è il penultimo degli undici figli di Emanuele Pietro Marto e Olimpia di Gesù. Con la sorellina Giacinta e la cugina Lucia sarà il terzo protagonista delle apparizioni del 1917.
Alla fine del 1918 Francesco e Giacinta furono irrimediabilmente colpiti dall'epidemia di broncopolmonite, la terribile "spagnola", che seminò tanti morti in tutta l'Europa. La malattia lo rendeva così debole da non aver più la forza di recitare il Rosario. Egli sapeva perfettamente che sarebbe morto e tale certezza gli veniva da quanto la "Bianca Signora" aveva detto a Fatima nell'apparizione del 13 giugno 1917: "Vorrei chiedervi di portarci in cielo", domandò Lucia alla Vergine, a nome suo e dei cugini. "Sì, Giacinta e Francesco li porterò presto", fu la risposta, "ma tu devi restare qui ancora un po' di tempo". Durante la malattia Francesco si mostrò sempre allegro e contento. Quando Lucia gli domandava se soffriva molto, egli così rispondeva: "Abbastanza, ma non fa niente, soffro per consolare il Signore, e poi tra poco vado in cielo!". Nel febbraio 1919 le sue condizioni peggiorarono visibilmente e fu deciso di farlo rimanere a letto, assistito quasi sempre da Giacinta. Un giorno i due bambini mandarono a chiamare Lucia che, appena entrò da loro, disse: "La Madonna è venuta a trovarci e dice che presto tornerà a prendere Francesco per condurlo in Cielo".
Il 2 aprile lo stato di salute di Francesco era così aggravato che fu chiamato il parroco per confessarlo. Egli temeva di morire senza poter ricevere la prima Comunione e questo pensiero gli causava una grande pena. Ma il parroco lo accontentò somministrandogli per la prima volta l'Eucarestia la sera stessa.
L'indomani Francesco diceva alla sorellina Giacinta: "Oggi sono più felice di te, perché ho Gesù nel mio cuore". E insieme si misero a recitare il santo Rosario. A notte salutò Lucia, dandosi un arrivederci in Cielo. Poi disse alla madre: "Guarda, mamma, che bella luce là, vicino alla porta!... Adesso non la vedo più...". Il suo volto si illuminò di un sorriso angelico e, senza agonia, senza contrazione, senza un gemito, spirò dolcemente erano le 10 di sera. Ancora non aveva 11 anni.
Messaggero di preghiera e penitenza
Lucia descrive Francesco come un bambino vivace, ma non capriccioso, aveva un carattere pacifico; nei giochi, se sorgeva qualche discussione, lui cedeva senza resistere; era di poche parole e anche per fare la sua preghiera e offrire sacrifici gli piaceva nascondersi perfino dalla sorella e da Lucia. Quando andava a scuola, arrivando a Fatima, gli piaceva restare in chiesa "vicino a Gesù", come egli diceva: "Per me non vale la pena di imparare a leggere, fra poco vado in Cielo. Quando torni da scuola vieni a chiamarmi". Francesco Marto non fu solo l'ambasciatore di un invito alla preghiera e penitenza, ma con tutte le forze si sforzò di incarnare nella sua vita tale messaggio, che proclamò al mondo più con le opere che con le parole. Non perdeva nessuna occasione per unirsi alla Passione di Cristo e così cooperare alla salvezza delle anime, alla pace nel mondo e alla crescita della Chiesa.
L'altra pietra miliare del suo apostolato fu la preghiera: sentì che la sua missione era di pregare incessantemente secondo le intenzioni della Madonna. Nutrì una speciale devozione all'Eucarestia e trascorreva molto tempo in chiesa ad adorare il Santissimo Sacramento, che chiamava "Gesù nascosto". Ogni giorno recitava i quindici misteri del S. Rosario e spesso ne aggiungeva altri per soddisfare i desideri della Vergine. Pregava per consolare Dio, per onorare la Madre del Signore, per suffragare le anime del Purgatorio, per sostenere il Sommo Pontefice nella sua missione di pastore universale; pregava per le necessità del mondo sconvolto dall'odio e dal peccato.
La fama di santità, già goduta in vita, si consolidò e si accrebbe dopo la sua morte; molti fedeli e devoti, dopo averlo invocato, dichiaravano di essere stati esauditi. Il 13 maggio 1989 (72° anniversario di Fatima) il Papa proclamò l'eroicità delle virtù di Francesco e Giacinta e successivamente approvò e promulgò l'autenticità di un miracolo attribuito alla loro intercessione. Infine, Giovanni Paolo II li ha proclamati Beati, proprio a Fatima, luogo delle apparizioni.
I pastorelli di Fatima
L’Angelo apparve per tre volte ai pastorelli di Fatima per prepararli alle future apparizioni della Madonna ed elevarli con la Comunione allo stato soprannaturale. Durante la terza apparizione l’Angelo comunicò Lucia con un’Ostia dalla quale scendevano delle gocce di Sangue che furono raccolte nel calice. Francisco e Jacinta, non avendo ancora fatto la prima Comunione, furono invece comunicati con il contenuto del calice. In questa apparizione l’Angelo disse loro: « Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro delitti e consolate il vostro Dio».
Prima Apparizione dell’Angelo
«Cominciammo a vedere, a una certa distanza una luce più bianca della neve, con l’aspetto di un giovane trasparente, più splendente di un cristallo attraversato dai raggi del sole… A misura che si avvicinava ne venivamo distinguendo i tratti: un giovane dai 14 ai 15 anni, di una grande bellezza. Eravamo sorpresi e quasi rapiti. Non dicevamo parola. Giunto vicino a noi disse: “Non abbiate paura. Sono l’Angelo della Pace. Pregate con me”. E inginocchiato a terra, curvò la fronte fino al suolo. Spinti da un moto soprannaturale lo imitammo e ripetemmo le parole che gli udimmo pronunciare: “Mio Dio! Credo, adoro, spero e Vi amo. Vi chiedo perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano”. “Pregate così. I Cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche”. E scomparve. L’atmosfera soprannaturale che ci avvolse era tanto intensa che quasi non ci
rendevamo conto, per un lungo tratto di tempo, della nostra stessa esistenza…».
Seconda Apparizione dell’Angelo
«L’Angelo ci disse: “Che fate? Pregate! Pregate molto! I Cuori santissimi di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia. Offrite costantemente all’Altissimo preghiere e sacrifici”. “Come dobbiamo fare a sacrificarci?”- chiesi. “In tutti i modi possibili, offrite a Dio un sacrificio in atto di riparazione per i peccati con cui è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori. Attirate così sulla vostra patria la pace. Io sono il suo angelo custode, l’Angelo del Portogallo. Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione la sofferenza che il Signore vi manderà”. E scomparve… Queste parole dell’Angelo si incisero nel nostro spirito, come una luce che ci faceva comprendere chi era Dio: come ci amava e voleva essere amato; il valore del sacrificio, e come gli era gradito; come, per riguardo a esso, convertiva i peccatori».
Terza Apparizione dell’Angelo
«Vedemmo l’Angelo con un calice nella mano sinistra e sospesa su di esso un’Ostia, dalla quale cadevano nel calice alcune gocce di Sangue. Lasciando il calice e l’Ostia sospesi in aria, si prostrò a terra vicino a noi e ripeté tre volte la preghiera: “Trinità Santissima, Padre Figlio e Spirito Santo, Vi adoro profondamente e Vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui è offeso. E per i meriti infiniti del suo santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, Vi chiedo la conversione dei poveri peccatori”.
Poi, sollevandosi, prese di nuovo in mano il calice e l’Ostia, e diede l’Ostia a me e ciò che conteneva il calice lo diede da bere a Giacinta e a Francesco, dicendo nello stesso tempo: -“Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro delitti e consolate il vostro Dio”… e scomparve».